Caproni, un museo con le ali
Un percorso di avventura, di storia e di tecnologia
Riferimento per altri investimenti espositivi
di FRANCO DE BATTAGLIA
Erano stati diffusi solo 250 inviti; ma sono stati oltre mille i visitatori che ieri mattina si sono affollati a Mattarello, nonostante la pioggia, per ammirare in anteprima, nel giorno inaugurale gli aerei della leggenda e dei sogni che formano il Museo Caproni. Una lunga teoria di automobili posteggiate per quasi un chilometro sulla strada, ressa nell'atrio e nelle sale: a testimonianza di un’ interesse, di una curiosità avventurosa sugli aerei d'epoca, che non è solo nostalgia, ma voglia di capire come l’aeroplano, dopo aver colpito la fantasia dei futuristi, abbia segnato, nel bene e nel male, il XX secolo, e tuttora fissi il confine della nostra civiltà e dei suoi comportamenti.
C'era chi a Mattarello è sceso con preconcetti e dubbi: il solito museo assemblato, i soliti aerei appesi al soffitto, tanti soldi. Ha dovuto ricredersi. Il museo è bello, molto bello. Del tutto convincente. Superiore alle aspettative. Un polo di richiamo e un punto di forza anche architettonico (è stato progettato dall'ingegner
Mario Basso) nella uniforme e indistinta piana dell’ Adige. Un complemento forte per Mattarello che entra così nel circuito delle cose da. vedere, che stringe la sua trama con la città.
Occorre visitarlo a fondo questo museo che è sicuramente la più aggiornata macchina espositiva di cui il Trentino dispone, e dal quale non si potrà più prescindere per le future realizzazioni. Diverrà sicuramente - con il Risorgimento al Castello - il richiamo più visitato da scolaresche e tour organizzati, ma forse potrà dare nuovo slancio e chiarezza programmatica anche agli altri investimenti museali che il Trentino da tempo aspetta, e che oggi, assieme alla ricerca universitaria, costituiscono il più importante e necessario settore di cultura in cui I’ ente pubblico deve intervenire. Perché come l’esperienza , degli Stati Uniti e della Germania conferma è solo il museo ”intelligente” - al servizio del pubblico prima che degli espositori - a consentire la trasmissione di esperienze e testimonianze da una generazione all'altra, a restituire alle cose, nell'età dei mass media e dell’ elettronica, la loro dimensione tattile, reale e non virtuale. E' solo il museo che può riportare a continuità i concetti e le immagini che dallo spazio del video ci sollecitano e ci aggrediscono, ma poi subito sfuggono e si dissolvono.
Se l'autonomia saprà non rinunciare ad una sua azione per agganciare la cultura al territorio (se le Albere verranno finalmente collegate alla città, se si avvierà veramente un museo archeologico e della storia trentina) è a questa esperienza che occorrerà guardare.
Per disegnare e allestire il Museo Caproni (avviato nel 1988 da una donazione della famiglia del grande pioniere del volo, nato ad Arco nel 1886 e morto a Roma nel 1957) si è avuta l’umiltà di andare a studiare dove l'esposizione museale non è solo conservazione e studio, ma esposizione a servizio visitatore, e soprattutto punto d'incontro fra il piacere del privato di donare alla collettività quanto in una vita di lavoro ha costruito, e impegno dell’ ente pubblico a mettere in circolazione ricchezze, passioni e idee.
Ne è nata una struttura che si integra con l’aeroporto, ma a un tempo vive di vita propria. I servizi sono comuni, un albergo di circa 30 camere può accogliere sia chi sosta dopo uno scalo, sia chi si ferma per una visita. Mentre il grande ed ”emozionante” salone con i 17 velivoli donati in comodato per 60 anni dalla famiglia Caproni - e aperto da un lato sull'aeroporto e dall'altro sulla collina delle Novaline - è preceduto da sale video (dai pionieri del volo al futuro spaziale) da una sala didattica, da una rivendita di libri, ricordi e immagini, dipinti futuristi di Depero e Tatò. Non solo aerei dunque ma un ”percorso” di cui Caproni e la sua opera rimangono una tappa fondamentale.